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AFRICA

 La rubrica di Vincenzo ci accompagna alla scoperta del continente Africano, non solo racconti di viaggio ma anche e sopratutto  storia,cultura,aneddoti,esperienze di vita. 

 

CACCIA ALLE JENE

 

Così come tanti nati e cresciuti in Africa anch'io mi sono lasciato trascinare dalla passione della caccia. Debbo comunque premettere che è stato più un incoraggiamento di mio padre, avendo constatato la mia predisposizione a questo tipo di "sport".
Presumo aver avuto 12/14 anni quando papà premiandomi di una promozione mi regalò una carabina tedesca marca "BURGER", calibro 5.50 ad aria compressa molto efficiente ed efficace per tortore, piccioni selvatici ed altri animali di piccola taglia. La gioia fu grande, tanto quanto grande fu la sfrenata voglia di metterla alla prova!!!
A quel tempo papà lavorava in qualità di contabile nell'allora Azienda Cotoniera S.I.A. (Società Imprese Africane dei Conti Volpi di Misurata) in Tessenei (Eritrea). Successivamente l'Azienda fu rilevata dal Dott. Barattolo già proprietario dell'omonimo cotonificio in Asmara. Questa ha voluto essere solo una indicazione per ricordare che la zona di Tessenei, con il suo fiume Gash, i suoi palmeti, la foresta circostante e la savana che si estende fino al Sudan é popolata da una vasta gamma di animali selvatici con splendidi esemplari che facevano gola ai tanti appassionati cacciatori Asmarini. Modestia a parte, fin dalle prime esperienze, le inermi tortore e i piccioni selvatici che si presentavano a portata di tiro erano mia facile preda al punto che giornalmente tornavo a casa orgoglioso di aver abbondantemente riempito i laccioli ai quali appendevo le tante prede abbattute, mostrandole quindi a mio padre che tra il divertito, lo stupito ed il serio imponeva perentoriamente la minuziosa pulizia delle prede per poi poterne gustare un saporito brodo a cena. Una assoluta e giusta regola di papà era quella di dire e sostenere che non si doveva uccidere solo per il gusto di uccidere, ma che di quello che si era catturato, bisognava cibarsene o al massimo distribuirlo a chi ne avesse avuto lo stesso bisogno.
Intanto i miei progressi di cacciatore e buon tiratore progredivano con rilevante successo, tanto da convincere mio padre a farmi partecipare a battute di caccia più consistenti, attraverso le quali fui istruito nell'uso di carabine a palla ad alto potenziale e fucili da caccia di ogni sorta. Ovviamente questo tipo di caccia, consentiva poter abbattere animali di grossa taglia quali gazzelle,facoceri, agazien, orix, otarde, faraone e quant'altro fosse assolutamente commestibile. Ci fu un giorno che il designato Capitano di Polizia del posto convocò negli uffici dell'Azienda tutti gli italiani proprietari di armi da caccia (vi partecipai anch'io). Nell'occasione il Capitano spiegò che già da diversi giorni jene affamate, sebbene alla luce del giorno si erano spinte all'interno delle capanne dei poveri contadini/e addetti/e alla raccolta del cotone, avevano "rubato" i neonati dai miseri giacigli per poi farne scempio nella vicina foresta divorandoli.
Soggiunse che sebbene le disposizioni legali del posto non consentissero l'uccisione delle famigerate jene considerate come la «nettezza urbana», cibandosi di tutte le carcasse di animali morti ; lui aveva chiesto il permesso alle Autorità preposte che avevano acconsentito all'abbattimento delle voraci carnivore che una volta assaporato il sangue umano avrebbero continuato ad uccidere.
Quella stessa sera fu programmata una feroce battuta di caccia. Si partì con tre Land-Rover cariche di munizioni ed armi di ogni calibro. All'incontro con quelle che venivano considerate le spietate mangiatrici di uomini, un nutrito fuoco di palle sibilanti e roventi pallettoni le investi lasciando sul terreno almeno una decina di cadaveri, mentre altrettante si disperdevano nella vicina foresta mugolando di dolore; sapevamo che sarebbero comunque decedute anche quelle.

Oggi, "con il senno di poi", ripensando a quella circostanza, a quella presunta passione, a quelle voraci carnivore, a quei poveri bambini dilaniati, alle disposizioni volute dal Capitano, alla cieca voglia di abbattere le jene; pertanto a quella carneficina d'insieme; oggi mi chiedo quanto giusto possa essere stato il comportamento umano, quando riflettendo mi dico che le jene erano state guidate dal puro istinto animale in quanto semplicemente affamate; mentre noi abbiamo agito attraverso l'istinto della ragione "irrazionale", solo per avvalorare che quell'eccidio lo si doveva perpetrare per vendicare degli inermi bambini, giustificandolo con la scusa di una presunta pratica sportiva.

Sarebbe stato più opportuno catturare quelle jene vive per trasferirle in luogo dove non avrebbero potuto nuocere nuovamente. D'altro canto le jene non sono commestibili!!!…..

VINCENZO


 


 

JENA MACULATA


 

 


 

 

                                                                                                                                                                                                                                                                   

 

 

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